Cosa si intende quando si fa riferimento all’alimentazione degli animali ed in particolare alla necessità di supportare la ruminazione con i lieviti? Sa da un lato si può affermare, in linea totalmente teorica, che i lieviti nel ruminante non servono – perché il ruminante di per sé produce flora microbica a livello ruminale che riesce a trasformare l’alimento – dall’altro possiamo affermare che nell’animale che deve produrre latte il supporto all’alimentazione sia fondamentalmente necessario per diversi motivi.
Supportare la ruminazione con i lieviti: sì o no?
Un animale libero al pascolo in natura, che non ha da raggiungere determinati obiettivi di performance, non ha bisogno di supporto alimentare; un animale da reddito che riceve delle alimentazioni comunque forzate e razioni gestite dall’allevatore ha sicuramente necessità di integrazione per mantenere un livello di produzione ottimale.
Questo fa sì che in momenti particolari di stress, l’allevatore possa intervenire ed integrare l’alimentazione dei ruminanti per compensare eventuali carenze dovute a stress, caldo, cambiamenti di temperatura, ma anche eventi, come ad esempio il parto o il cambiamento di gruppo che provocano disagio all’animale. Lo stress fa sì che l’animale mangi meno, e di conseguenza trasformerà meno. In più, c’è la possibilità che l’animale possa nutrirsi poco anche a causa di foraggi ammuffiti o di foraggi di scarsa qualità: questo comporta dei cambiamenti per il rumine, piccoli, ma che però si accumulano progressivamente, creando dei problemi metabolici all’animale.
Ecco perché, operando gli allevatori in ambienti “quasi” industriali in cui gli animali possono essere soggetti a stress, per cui hanno bisogno di supportare l’alimentazione con i lieviti quando se ne intraveda la necessità.
Ci possono essere due modalità principali per affrontare la questione del supporto alimentare con i lieviti.
Una prima modalità si basa sull’intervento in caso di bisogno… Ed i casi più frequenti di stress causato all’animale sono i cambiamenti di temperatura, la stabulazione, il cambio di stalla, il cambio di socialità, quindi il cambio di gruppo degli animali.
La secondo modalità può essere definita preventiva perché va ad integrare anche in assenza di stress effettivi evidenti, ma in prevenzione. Ovvero si somministrano, ad esempio, 30-50 grammi di lievito per 5 giorni al mese, per poi misurare un miglioramento nel benessere animale (che di norma si avverte!).
Lievito per l’alimentazione degli animali da latte: caratteristiche e modalità d’uso
Il lievito è costituito da Saccharomyces cerevisiae, ovvero il lievito di birra. Tale lievito può essere vivo o spento o inattivato. Chiaramente il lievito vivo è più attivo rispetto al lievito spento, ma è sottoposto a limitazioni di legge per l’alimentazione delle vacche da latte, quando il latte viene utilizzato per la produzione di certe tipologie di formaggio.
Poiché non si può somministrare agli animali il lievito purissimo per problemi di costi e dosaggi, né un allevatore ha le risorse per poter creare delle miscele in autonomia, esistono degli integratori specifici che al loro interno contengono i lieviti e sono formulati appositamente per l’alimentazione dei bovini.
Per ogni tipologia di integratore ci possono livelli diversi e qualità diverse di lievito, così come diverso è il prezzo. Gli integratori che contengono lievito vivo ne hanno quantità inferiori, più attive, ma hanno un prezzo più alto rispetto agli integratori che contengono lievito spento, che ha anche un prezzo inferiore.
Gli allevatori hanno un ampio margine di scelta in base alla tipologie di animali, alla gestione dello stress, alle razioni alimentati e alle limitazioni di legge sull’utilizzo dei lieviti in animali destinati alla produzione del latte.
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