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Mangime medicato, gestione e criticità

Conoscete nel dettaglio le caratteristiche e le funzioni del mangime medicato? Per tutti quelli che ancora non sono bene informati, ecco che cercheremo di fare luce su quello che, ad oggi, rappresenta senza ombra di dubbio uno strumento fondamentale nella cura e nella prevenzione delle malattie animali, specialmente negli allevamenti intensivi e nella gestione della salute degli animali da compagnia. Scopriamo allora che cos’è il mangime medicato e quali sono le cose da sapere su gestione e criticità.

Mangime medicato, definizione

Una miscela composta da alimenti per animali e medicinali veterinari, destinata a essere somministrata con finalità terapeutiche a specifici gruppi di animali: così possiamo definire il mangime medicato. Ma per poterne fare un uso consapevole, conoscere la definizione non è sufficiente. È necessario che ogni allevatore sia molto bene informato su questa opportunità e, per farlo, deve consultarsi con un veterinario di fiducia.

La preparazione dei mangimi medicati deve seguire uno specifico iter. Avviene in impianti autorizzati e sotto stretto controllo normativo, e la loro somministrazione richiede sempre una prescrizione veterinaria emessa in seguito a un esame clinico. Non si tratta, quindi, di mangimi da poter somministrare in autonomia, ma occorre sempre fare una valutazione precisa per capire, grazie al consiglio di professionisti, se sia veramente il caso di ricorrere a questo tipo di mangime.

Cosa dice il quadro normativo UE

Abbiamo sottolineato come l’uso del mangime medicato debba essere ben ponderato. E proprio partendo da questa constatazione, ecco che non stupirà sapere che esiste una specifica regolamentazione per il suo utilizzo. Il quadro normativo dell’Unione Europea, aggiornato con regolamenti recenti come il Regolamento Delegato (UE) 2024/1229, mira a garantire un utilizzo sicuro ed efficace di questi prodotti, ponendo particolare attenzione alla lotta contro la resistenza antimicrobica (AMR), uno dei principali problemi di sanità pubblica a livello globale. È questo, infatti, uno degli aspetti più critici dell’utilizzo di questo tipo di mangime negli allevamenti.

Gestione del mangime medicato: produzione, tracciabilità e sicurezza

La gestione del mangime medicato è regolamentata, dunque, da un sistema normativo che copre tutte le fasi della filiera: dalla produzione all’immissione sul mercato, fino allo stoccaggio e alla somministrazione agli animali da allevamento. Gli impianti coinvolti nella produzione di questo tipo di mangime devono essere riconosciuti ufficialmente e rispondere a requisiti stringenti in termini di igiene, accesso controllato, attrezzature dedicate e formazione del personale, tutti aspetti considerati necessari a produrre e, conseguentemente, immettere sul mercato un prodotto quanto più sicuro possibile.

Il controllo come strumento fondamentale

Per poter garantire un mangime medicato i cui rischi legati al suo utilizzo siano ridotti al minimo, è importante garantire controllo costante. Solo monitorando le varie fasi del processo di produzione sarà possibile, allora, centrare l’obiettivo. Le aree di lavorazione del prodotto devono, ad esempio, essere separate e progettate per evitare ogni tipo di contaminazione incrociata con mangimi non medicati.
Ogni fase della produzione è soggetta a controlli di qualità rigorosi che mirano al rispetto delle norme in vigore. È fondamentale, ad esempio, nella produzione di questo tipo di mangime, garantire la corretta dispersione del principio attivo medicinale, verificandone la stabilità durante le fasi di trasporto e conservazione. In questo contesto, il personale responsabile del controllo qualità e della produzione deve operare in modo indipendente per garantire l’imparzialità delle verifiche e la trasparenza.

Gestione mangime medicato: la tracciabilità

Un aspetto cruciale della gestione riguarda la tracciabilità. I produttori sono obbligati a mantenere registri dettagliati che documentano ogni passaggio: dall’acquisto dei medicinali, alla produzione dei lotti, fino al trasporto e alla vendita. Questo consente di effettuare controlli retrospettivi in caso di problemi sanitari o richiami di prodotto. La trasparenza del processo, insomma, è una caratteristica imprescindibile quando si parla di mangime medicato.

Anche la gestione del ritiro dei prodotti è regolata da una specifica normativa: esistono, infatti, delle procedure standard per il trattamento dei reclami e per il ritiro rapido dal mercato in caso di non conformità. Anche l’imballaggio è soggetto a specifiche norme: deve essere resistente, a prova di manomissione e con etichettature chiare, che includano informazioni essenziali sul tipo di medicinale contenuto, le dosi e le modalità d’uso.

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Dal punto di vista normativo, l’utilizzo del mangime medicato è strettamente vincolato alla prescrizione veterinaria, valida solo per gli animali indicati e per un periodo limitato. Questo principio si estende anche a prodotti contenenti vaccini o antiparassitari, per i quali sono previste disposizioni specifiche.
Un’importante novità riguarda la produzione decentralizzata del mangime medicato per animali da compagnia, che apre a nuove modalità di distribuzione e prescrizione. Questo consente maggiore flessibilità, ma impone al tempo stesso una sorveglianza più attenta da parte delle autorità sanitarie e degli stessi veterinari prescrittori.

Mangime medicato e criticità più comuni

  1. Contaminazione incrociata

La produzione e l’uso del mangime medicato sono ancora argomenti di discussione, nonostante si siano fatti – senza ombra di dubbio – dei significativi passi in avanti nel loro processo di regolamentazione. Ma ci sono alcune criticità che ancora oggi non possono non essere prese in considerazione. La più importante è sicuramente quella della contaminazione incrociata tra mangimi medicati e mangimi non bersaglio. In caso di errore, infatti, può verificarsi che si verifichi la somministrazione involontaria di principi attivi a soggetti non destinatari. Questa è, come facilmente comprensibile, una situazione grave da evitare perché in grado di provocare danni sia alla salute dell’animale che dell’ambiente. 

Per cercare di affrontare con serietà questo rischio, che purtroppo è concreto, la Commissione Europea ha adottato il Regolamento (UE) 2024/1229, che ha fissato quelli che possono essere considerati i livelli massimi di contaminazione incrociata per 24 sostanze attive antimicrobiche nei mangimi non medicati. Così facendo da una parte di mira a ridurre la diffusione della resistenza antimicrobica e dall’altra si punta a garantire la sostenibilità economica del settore produttivo. Il limite individuato è pari all’1% della sostanza attiva contenuta nell’ultimo lotto di mangime medicato o prodotto intermedio processato nello stesso impianto, in relazione a un contenuto di umidità del 12%.

L’adozione di questi limiti è il risultato di analisi e pareri scientifici formulati dall’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) e dall’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali), che intervenendo sulla questione hanno identificato i livelli sotto i quali non si osservano effetti di promozione della crescita o selezione per la resistenza. Tuttavia, a causa della mancanza di dati completi, tali soglie sono state definite solo per un numero limitato di principi attivi e non per tutte le specie animali.

2. Rischio di resistenza antimicrobica

Un’altra criticità riguarda il rischio di uso improprio degli antimicrobici. La normativa vieta espressamente l’impiego di antibiotici nei mangimi medicati come mezzo di profilassi o promozione della crescita, ma la pratica veterinaria, soprattutto in contesti zootecnici intensivi, può talvolta sfumare in zone grigie. Le nuove disposizioni cercano di limitare questo rischio stabilendo una durata massima delle prescrizioni veterinarie e armonizzando i limiti per i residui di antimicrobici nei prodotti alimentari derivati da animali trattati.

Infine, una menzione sull’attuale sistema di monitoraggio e analisi. Il Regolamento 2024/1229 prevede che al fianco dei metodi tradizionale per la misurazione della contaminazione incrociata possano essere adottati anche metodi alternativi, purché validati secondo protocolli riconosciuti a livello internazionale. Una sorta di flessibilità per consentire alle imprese di adattarsi alle nuove richieste. Flessibilità che però richiede un investimento importante in termine di denaro. E al momento non tutte le aziende possono permetterselo.