L’insilamento è una tecnica di conservazione dei foraggi molto antica. Si dice infatti che esistesse già nel lontano 1500 A.C. e sia stata poi modificata nel corso dei secoli per ottenere insilati di sempre maggiore qualità, utili a garantire una corretta alimentazione per il bestiame. Cosa c’è da sapere sugli insilati per bovini? Come cioè gli allevatori devono lavorare le materie prime per ottenere dei prodotti di qualità? Ecco tutto quello che c’è da sapere in merito ad un argomento particolarmente importante per chi fa l’allevatore di professione ed è chiamato a conoscere le migliori tecniche per garantire alimenti di spessore e non mediocre al bestiame.
Cos’è l’insilamento
Prima di affrontare il capitolo relativo agli insilati per bovini è utile capire cos’è l’insilamento. È definibile come la tecnica di conservazione dei foraggi che viene messa in atto per l’acidificazione della massa ad opera di microrganismi anaerobi che producono acido lattico, creando così una condizione ambientale di fatto molto sfavorevole ai microrganismi che potrebbero deteriorare il foraggio così conservato. In questo modo, dunque, si preserva la qualità dei foraggi che si conservano nel tempo mantenendo intatte anche le loro caratteristiche. Specialmente in alcuni casi specifici il processo di insilamento si rivela economico e anche molto vantaggioso. Il riferimento è al mais, ai cerali autunno vernini e ad alcune graminacee.
Insilati per bovini: come puntare sulla qualità
Affinché gli insilati per bovini siano di qualità occorre prestare particolare attenzione al processo di insilamento. Solo con scrupolosità e precisione l’allevatore sarà in grado di assicurare ai capi di allevamento un prodotto di buona qualità. Per avere insilati di buona qualità e stabili nel tempo è allora molto importante essere in grado di controllare alcune variabili. Queste si rivelano determinanti ai fini di una corretta conservazione delle materie prime. Il primo aspetto a cui fare attenzione è la raccolta di piante che siano sane. L’insilamento infatti non ha il potere di migliorare le caratteristiche delle piante! Se le piante raccolte sono di qualità, di qualità sarà anche l’insilato che da esse deriverà; viceversa, se le piante raccolte non saranno sane anche l’insilato sarà mediocre.
Un altro fattore da tenere sotto controllo è quello relativo al contenuto di sostanza secca al momento dello stoccaggio: a seconda delle caratteristiche della pianta che l’allevatore raccoglie, le percentuali di sostanza secca considerate ottimali variano di percentuale. Anche la dimensione delle particelle è importante per ottenere insilati per bovini e altri capi di allevamento di qualità: la capacità di compressione è crescente quanto più “fine” è la trinciatura. Particelle superiori ai 15-20 mm di dimensione consente di promuovere i tempi di ruminazione e un’ottimale motilità ruminale. Le cariossidi dovranno essere ben macinate in modo da poter favorire la digeribilità dell’amido.
Per garantire questi due aspetti il consiglio è quello di verificare il processo durante la raccolta. Per ottenere un insilato di successo occorre anche alle volte considerare l’utilizzo di additivi che, se usati nel modo giusto, possono rivelarsi importanti quando si parla di qualità del prodotto finale. Infine, un aspetto da valutare con attenzione è quello della copertura. Se il silo si scopre, il pericolo della muffa diventa concreto. L’uso di teli che evitino il passaggio di ossigeno, difendendo il silo anche da altri animali, è utile soprattutto in fase di prevenzione.
Insilati per bovini: quali vantaggi
Gli insilati per bovini, ma il discorso potrebbe essere allargato agli insilati in generale, hanno importanti vantaggi rispetto ai foraggi essiccati. Ecco perché molti allevatori scelgono questo tipo di alimento per una dieta genuina e molto ben bilanciata che metta al centro il benessere animale, aspetto questo di particolare rilevanza soprattutto rispetto a qualche anno fa. La differenza tra foraggio insilato o essiccato è di tipo nutrizionale e riguarda il modo in cui i ruminanti digeriscono. La fermentazione, in particolare quella ruminale, è un processo che può avvenire solo su materiale umido. Data questa premessa, è facile intuire che un foraggio secco, prima di essere fermentato, deve essere bene intriso di acqua nel rumine e ripetutamente ruminato. Questo per consentire la fermentazione e per aumentare la superficie d’attacco dei batteri fibrolitici.
Tutti questi passaggi fanno di fatto sprecare quel tempo prezioso che il rumine ha a disposizione per produrre biomassa batterica e acidi grassi volatili nella sua massima quantità. Significa cioè che a parità di sostanza secca, il foraggio insilato garantisce una produzione di biomassa e acidi grassi maggiore rispetto a quello secco. Questo vale per le piante che, alla raccolta, non presentano un elevato contenuto di acqua. Per le altre – ad esempio le leguminose come l’erba medica e le graminacee come la loiessa – va prevista una parziale disidratazione in campo. Questo perché al momento della raccolta la percentuale di sostanza secca non è abbastanza per poter passare subito all’insilamento vero e proprio.