Chiudi

Aflatossine mais: cosa sono, come eliminarle, come prevenire

Le aflatossine sono micotossine prodotte dal fungo Aspergillus flavus, che cresce principalmente in ambienti caldi e umidi. Queste tossine sono estremamente pericolose per la salute, poiché possono contaminare una vasta gamma di colture, tra cui il mais, rappresentando un rischio significativo per l’alimentazione sia umana che animale. Le aflatossine si formano sia durante la fase di coltivazione che nel periodo di stoccaggio, specialmente in aree tropicali e subtropicali, dove le condizioni di temperatura e umidità favoriscono la proliferazione del fungo. Tuttavia, a causa dei cambiamenti climatici, negli ultimi anni queste micotossine si stanno diffondendo anche in Europa, con particolare preoccupazione per le zone mediterranee, dove si sono registrati casi sempre più gravi di contaminazione. Di conseguenza, la vigilanza su questo pericolo è diventata una priorità, dato che il rischio è ormai considerato più vicino e concreto.

Aflatossine mais, cosa sapere

Tra le aflatossine, la B1 è la più pericolosa e per questo è classificata come cancerogena dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). In Europa, la presenza di questa sostanza negli alimenti è severamente regolamentata, con limiti rigorosi soprattutto per i mangimi destinati agli animali da allevamento, in particolare per bovini, pollame e suini. Il mais, che costituisce una delle principali fonti di alimentazione per gli animali, è particolarmente vulnerabile alla contaminazione da aflatossine, in quanto viene utilizzato sia come granella che trasformato in mangimi. Per questo motivo, il controllo della contaminazione da aflatossine nel mais è essenziale per garantire la sicurezza alimentare. Senza adeguati monitoraggi, infatti, si rischia di somministrare al bestiame sostanze tossiche, mettendo a repentaglio la sua salute.

Prevenzione e metodi di eliminazione delle aflatossine

Per prevenire la contaminazione da aflatossine nel mais, è fondamentale intervenire sin dalle prime fasi di coltivazione, adottando misure preventive adeguate. Gli agricoltori rappresentano il primo livello di difesa contro queste micotossine e devono mettere in atto pratiche agronomiche mirate a ridurre il rischio di contaminazione. Tra le azioni preventive più efficaci ci sono:

Nonostante l’adozione di queste buone pratiche agricole, la prevenzione totale delle aflatossine può risultare difficile, lasciando sempre un margine di rischio. Per questo, sono state sviluppate diverse tecniche per ridurre la presenza di queste tossine, con risultati che variano. Una delle soluzioni più promettenti è l’uso di ceppi non tossigenici di Aspergillus flavus come agente di biocontrollo. Questa strategia si basa sul principio della sostituzione competitiva: introducendo ceppi non produttori di aflatossine nel campo, si riduce la popolazione di ceppi tossici, limitando così la produzione di micotossine.

Questa tecnica ha avuto successo in diverse regioni del mondo, come in Africa e negli Stati Uniti, e si sta rivelando efficace anche in Italia. Una volta applicato, il ceppo atossigeno può ridurre significativamente la contaminazione da aflatossine, con abbattimenti che in alcuni casi superano il 90%.

Vuoi una consulenza?

Contattaci

Gli studi effettuati

Gli studi sull’impiego di ceppi atossigeni di Aspergillus flavus per il controllo delle aflatossine hanno ottenuto risultati particolarmente positivi. Un’importante ricerca, condotta in Italia sotto la guida della professoressa Paola Battilani dell’Università Cattolica del S. Cuore di Piacenza, ha permesso di selezionare un ceppo di A. flavus privo di tossicità, particolarmente competitivo, che non produce aflatossine. Questo ceppo, denominato MUCL 54911, è stato successivamente testato sul campo in collaborazione con Pioneer Hi-Bred Italia (oggi parte di Corteva Agriscience), con risultati notevoli nella lotta alle contaminazioni da aflatossine.

Le prove, effettuate tra il 2015 e il 2019, hanno dimostrato che l’utilizzo del prodotto a base di questo ceppo atossigeno è in grado di abbattere la concentrazione di aflatossine nel mais di oltre l’86%, con punte di riduzione che arrivano fino al 90%. Questi risultati sono stati confermati da analisi di laboratorio avanzate, come l’LC-MS/MS, effettuate su campioni prelevati in zone ad alto rischio di contaminazione, come l’Emilia Romagna e il basso Veneto.

Nel 2015, il ceppo è stato registrato in Italia come prodotto di biocontrollo delle aflatossine con il nome commerciale AF-X1 2020. Questo prodotto, che consiste in granella di sorgo inoculata con le spore del fungo, viene distribuito sul terreno durante la fase di sarchiatura. Si è rivelato efficace nel ridurre notevolmente il rischio di contaminazione. Le sperimentazioni condotte su più stagioni agricole hanno confermato la validità del trattamento come innovazione nella gestione delle micotossine. Hanno anche suggerito che l’adozione di tale approccio potrebbe anche migliorare la qualità del mais destinato all’alimentazione animale.

Conclusioni

Mentre la prevenzione delle aflatossine richiede un impegno costante e l’impiego di strategie integrate, l’uso di ceppi atossigeni per il biocontrollo emerge dunque come una delle soluzioni più promettenti ed efficaci per tutelare la sicurezza delle coltivazioni, in particolare del mais, e più in generale delle colture agricole a scopo commerciale.